Loader

IL COLLOQUIO MOTIVAZIONALE E LA DOMINANZA SOCIALE

IL COLLOQUIO MOTIVAZIONALE E LA DOMINANZA SOCIALE

William R. Miller

Università del New Mexico

Traduzione in italiano di Valerio Quercia

Dal Deserto

Il Colloquio Motivazionale (CM) è stato criticato per la mancanza di una spiegazione teorica della sua efficacia. In effetti, come nel caso dell’approccio centrato sulla persona di Carl Rogers[1], le origini del CM erano ateoriche ed emergevano induttivamente attraverso l’osservazione pratica dei colloqui, ponendo e verificando delle ipotesi[2]. Sono stati effettuati alcuni collegamenti logici a diverse teorie psicologiche che riflettono ma non spiegano in modo esaustivo le osservazioni emergenti dal CM.[3] Una teoria utile deve fare qualcosa di più che rinominare i fenomeni via via osservati: una buona teoria regola le osservazioni e suggerisce le ipotesi da verificare.

Quali sono le osservazioni relative al CM che necessitano di spiegazione? In un certo senso, la domanda che soprattutto mi stimola è semplicemente relativa al perché il CM funzioni. Com’è possibile che una conversazione relativamente breve possa innescare un cambiamento nel comportamento che, a volte, è stato adottato per decenni? Nella mia impostazione originale,[4] ho immaginato che il CM potesse funzionare soprattutto per la preparazione al trattamento, non come un intervento in sé. Una sorpresa, emersa dai nostri primi studi, è stata che un intervento del solo CM ha portato a un cambiamento di comportamento duraturo[5]. Ora ci sono più di ottocento studi randomizzati controllati di interventi che comprendono, in qualche modo, il CM, tra i quali anche molti esempi del suo utilizzo come trattamento breve efficace. Cosa sta succedendo? Altre osservazioni che potrebbero essere poste per una ulteriore spiegazione del funzionamento del CM sono:

 

  1. Perché è normale che le persone non si sottomettano né si adeguino alla pressione o ai consigli per cambiare, pur essendo, a volte, d’accordo con quei consigli? Questo fenomeno, che è stato definito reattanza psicologica[6], perché si verifica? Carl Rogers[7] ha osservato che “la relazione, nella maggior parte dei casi, è assolutamente direttiva, dato il poco tempo, il consulente appena possibile comprende il problema dal suo punto di vista, e poi dà consigli, cerca di persuadere, dà direttive. I risultati, inevitabilmente, sono completamente negativi”;
  2. Perché nonostante il n. 1, la nostra normale inclinazione come professionisti delle professioni d’aiuto sembra essere orientata al “Riflesso a correggere”, e ci viene spontaneo dire alle persone cosa dovrebbero fare per cambiare e perché dovrebbero farlo?[8]
  3. Perché i professionisti spesso sembrano “riconoscere” CM come familiare, come se fosse qualcosa che avevano, per certi versi, già conosciuto?
  4. Perché i clienti spesso si rilassano visibilmente nei primi minuti di una sessione di CM?

___________________________

*Una versione di questo scritto è stata presentata in plenaria al XX° forum del Motivational Interviewing Network of Trainer  a Malahide, Ireland, il 5 October 2017

 

  1. Perché i professionisti spesso riferiscono che l’apprendimento e la pratica del CM li alleggerisce, facendoli sentire meno stressati e più interessati al loro lavoro?
  2. Perché le affermazioni del professionista conformi al CM evocano le affermazioni orientate al cambiamento dei clienti e li orientano verso cambiamenti positivi?
  3. Perché le affermazioni del professionista non conformi al CM sono tendenzialmente seguite da un aumento della resistenza al cambiamento del cliente e dalla riduzione della sua disponibilità al cambiamento?
  4. Perché il CM è trasversale alle culture? Attualmente viene insegnato e praticato in almeno 52 lingue. Solo nel 2017 sono stati pubblicati nuovi studi clinici controllati randomizzati sul CM in Africa (Egitto, Kenya, Nigeria, Sud Africa, Uganda), Asia (Bangladesh, Cina, Iran, Malesia, Isole Marshall, Turchia), America centrale e meridionale (Brasile, Cile, Messico), Europa (Olanda, Norvegia, Svezia, Svizzera, Regno Unito), Oceania (Australia, Nuova Zelanda) e Nord America (Canada, Stati Uniti e tre Nazioni dei Nativi Americani: Cherokee, Chicksaw e Zuni).

 

Secondo Bill Neto[9], uno psicologo australiano che ha iniziato la sua carriera lavorando con Robyn Richmond[10] utilizzando il CM nel trattamento per smettere di fumare “Una spiegazione del perché e del modo in cui il CM influenza il comportamento, può essere trovata risalendo al nostro passato evolutivo”. In particolare, Neto ha messo in risalto il fenomeno della dominanza sociale che è facilmente osservabile in molte specie. Di fronte a una sfida dominante, un individuo può contrattaccare, arrendersi o ritirarsi. Queste routine comportamentali, molto evolute, servono a permettere la sopravvivenza di una specie attraverso la riproduzione selettiva degli individui più forti, senza arrivare all’uccisione dei rivali e tendono a stabilizzarsi nella struttura sociale di vita del gruppo. Le sfide e le conseguenti risposte possono essere espresse attraverso vocalizzazioni e altre forme comunicative. Neto ha sostenuto che negli umani le lotte per il predominio si sono “distaccate dai loro specifici contesti per essere attive in ogni situazione in cui gli umani percepiscono di trovarsi in una posizione di potere”.

Un esempio specifico è il fenomeno di reattanza psicologica, descritto in precedenza come apparente tendenza innata ad agire in modo oppositivo al consiglio o alla pressione. Quando  la persona riceve consigli o direttive su cosa fare, cerca di esercitare la libertà di non seguire i consigli e di non rispettare le direttive che provengono da una posizione che percepisce più alta nella dominanza sociale. La compliance, al contrario, rappresenta asservimento e sottomissione. L’opposizione alle direttive emerge molto presto nella vita (si pensi ai bambini di 2 anni) e può essere particolarmente evidente nell’adolescenza. Le risse e gli incidenti stradali dovuti alla rabbia spesso hanno origine da una sfida percepita come dominanza sociale. Da una prospettiva evolutiva, la reattività psicologica è “un sistema adattivo che opera ed è stato progettato a questo fine.”

Gli esseri umani sembrano molto predisposti a “individuare i segnali relativi alla dominanza nelle interazioni interpersonali con la minima riflessione.” La reazione può essere innescata e operare in gran parte al di fuori della consapevolezza cosciente, mediata dalle funzioni sub-corticali, che bypassano o inibiscono l’elaborazione corticale. Tale resistenza alle limitazioni della libertà può essere estremamente radicale. Nella sua storia delle colonie penali australiane, Robert Hughes[11] ha riferito il testo di una canzone sulle pene per aver bevuto alcolici dei condannati del XIX secolo:

 

Intaglia il tuo nome sulla mia spina dorsale, stira la mia pelle su un tamburo,

Incatenami all’isola di Pinchgut da oggi fino a alla fine del regno!

Mangerò il tuo gnocco di Norfolk come una succosa prugna spagnola,

Ballerò anche come la cornamusa di Newgate se solo mi darai del rum!

 

L’isola di Pinchgut era una roccia nuda nel porto di Sydney dove i detenuti venivano incatenati senza cibo; lo gnocco di Norfolk si riferisce alle cento frustate con un gatto a nove code; e la cornamusa di Newgate descrive la danza che compiono le gambe di un impiccato

In altre parole, i condannati hanno dichiarato la loro volontà di rischiare la fame, la tortura e persino la morte pur di bere alcol. È notoriamente difficile punire il comportamento di dipendenza.

È probabile che la reattanza psicologica si verifichi in situazioni in cui una persona si sente influenzata, sotto pressione e manipolata con l’obiettivo di farla cambiare. Come evidenziato dalla precedente citazione, può essere particolarmente accentuata in contesti dove la gerarchia, la disciplina e la competizione per il potere sono forti. Si sono anche evidenziate differenze individuali nella reattanza. Alcuni individui sono estremamente sensibili a qualsiasi critica percepita o sfida di status, e possono reagire istintivamente. Le persone inclini alla rabbia tendono a percepire erroneamente come ostili alcune espressioni facciali: un pregiudizio percettivo spesso associato agli stati di ebbrezza da alcol[12], Neto ha affermato che la reattanza psicologica ed le altre risposte di sfida alla dominanza coinvolgono l’eccitazione limbica che inibisce l’elaborazione corticale e il processo decisionale.

Gli interventi sul cambiamento comportamentale rappresentano un ambiente ideale in cui la reattanza psicologica si può attivare. C’è un tentativo diretto di influenzare (consigliare, persuadere, spingere, forzare) il cambiamento di comportamento nella vita di una persona non tenendo conto della sua disponibilità.  Inoltre, vi è spesso una differenza di potere/ruolo tra i professionisti e i destinatari degli interventi mirati al cambiamento comportamentale. Dato che le persone sono le uniche responsabili delle decisioni che riguardano il loro comportamento, la mancata compliance con il professionista è un modo semplice per affermare la propria libertà di scelta e potrebbe diventare un risultato standard degli interventi.

Cosa c’è di diverso nel CM? Neto descriveva il CM come “notevolmente adattivo, perché comunica all’individuo sicurezza fisica e nella gerarchia sociale, permettendo così alla corteccia cerebrale di elaborare informazioni e impegnarsi nel ragionamento cognitivo e nel processo decisionale senza la forte influenza degli istinti inconsci emergenti dai processi subcorticali che hanno governato i comportamenti prima dello sviluppo corticale. “In sostanza, il CM afferma: “Tu sei il responsabile, sei tu a decidere”. Questo potrebbe essere considerata una semplice tecnica, se non fosse che è anche l’unica verità. Il professionista sta semplicemente accettando e affermando ciò che è già vero. Una condizione essenziale, per la pratica del CM, prevede anche di assumere un atteggiamento non dominante[13]: ascoltare con rispetto, domandare con curiosità, accettare senza giudicare, sostenere e supportare l’autonomia della persona. Così si tende a ridurre le difese subcorticali, in modo che la corteccia possa elaborare le informazioni e impegnarsi nel ragionamento cognitivo, consentendo ai clienti di “giungere a decisioni autonome e razionali in un’atmosfera di supporto e di cura.” Una certa consapevolezza di questo flusso di energia è stata riportata in un fantasioso schema elettrico che ho incluso nel mio articolo originale del 1983.

La maggior parte di questa dinamica, sottolinea Neto, di solito si svolge al di sotto del livello della consapevolezza cosciente. Il CM impedisce o diminuisce l’attivazione dell’eccitazione difensiva istintiva che può inibire il cambiamento comportamentale. I clienti spesso nelle sessioni di CM sembrano rilassarsi ed essere più collaborativi rapidamente. Neto ha esteso questa consapevolezza del subconscio agli operatori che utilizzano il CM: “Personalmente ritengo che gli operatori che utilizzano il colloquio motivazionale non siano consapevoli di ciò che stanno facendo e perché lo fanno, e questo può spiegare il fenomeno dei professionisti che “riconoscono” il CM.             Carl Rogers ha sottolineato che gli “atteggiamenti” di fondo del clinico sono più importanti della tecnica, questa enfasi si rispecchia nella nostra spiegazione dello “spirito” di fondo di CM.

Una prima descrizione di questo spirito[14] si è evidenziata osservando alcuni tirocinanti, che applicavano correttamente le tecniche del CM che avevamo insegnato loro, ma si percepiva la mancanza di qualcosa di fondamentale: come recitassero “testi di canzoni senza la musica”. Questo ci ha portato a enfatizzare l’atteggiamento mentale con cui viene praticato il CM. Perché l’atteggiamento dovrebbe essere importante dal punto di vista evolutivo? Neto ha affermato che gli umani si sono evoluti per essere inconsciamente attenti e sensibili ai segnali di dominanza sociale. Se un clinico utilizza delle tecniche con l’obiettivo di controllare (ingannare, manipolare) il cliente, è probabile che questo intento verrà rilevato dalla persona, almeno inconsciamente. Al contrario, il CM è praticato con un atteggiamento empatico, un rapporto collaborativo e di piena accettazione dell’autonomia dei clienti, riconoscendo che spettano comunque a loro le decisioni riguardanti il loro stile di vita e il loro comportamento. Questo coincide con l’enfasi che Rogers attribuisce all’importanza della genuinità in una relazione d’aiuto. Piuttosto che atteggiarsi da esperto distaccato che impartisce diagnosi ai e sui clienti, il CM viene praticato con e per le persone, ponendo, come obiettivo primario, il benessere e l’interesse del cliente. Quando questo spirito è dentro la mente e il cuore del clinico, è anche probabile che venga comunicato al cliente e da lui percepito inconsciamente.

Queste dinamiche di potere non sono esclusive del CM, ma presumibilmente funzionano come un fattore comune ad altri approcci delle relazioni d’aiuto. Questa potrebbe essere una spiegazione significativa dell’“effetto terapeuta”, spesso osservato nella ricerca in psicoterapia – si è rilevato che “il medesimo metodo” produce risultati molto diversi a seconda del professionista che lo applica[15]. Lo stile di rinuncia al potere e di accurata empatia[16] è associato a migliori risultati clinici in diversi metodi di psicoterapia.

In ogni caso, questa prospettiva evolutiva offre una spiegazione plausibile del perché le interazioni compatibili con il CM evocano la collaborazione, le affermazioni orientate al cambiamento e il conseguente cambiamento, mentre le interazioni non compatibili con il CM suscitano resistenza e affermazioni orientate al mantenimento dello status quo. Così si spiega anche perché il CM possa essere così facilmente utilizzato nelle diverse culture e perché i professionisti spesso “riconoscono” il CM come se fosse per loro già familiare, trovandolo un modo di lavorare che riduce lo stress. La spiegazione evolutiva di Neto non è una spiegazione esaustiva del CM, ma sembra abbracciare una vasta gamma di osservazioni relative al CM.

E’ possibile ricavare una serie di ipotesi verificabili per testare questa teoria ed estendere la nostra la comprensione del CM e in generale sul counseling sul cambiamento comportamentale. Alcune ipotesi potrebbero riguardare le condizioni nelle quali il CM potrebbe essere più o meno efficace.

  • Il CM potrà avvalersi dell’effetto di contrasto quando viene utilizzato in contesti caratterizzati da alti livelli di dominanza e/o competizione (ad esempio, sport, giustizia penale)?
  • Potrebbe avere un impatto minore nelle culture in cui la deferenza e l’obbedienza all’autorità sono particolarmente accentuate (come nell’ambito militare)?
  • Il CM potrebbe essere particolarmente efficace quando praticato da professionisti di status sociale relativamente elevato (come medici in camice bianco)?
  • il CM è particolarmente importante quando si parla con clienti che hanno essi stessi uno status sociale relativamente elevato?
  • O potrebbe essere più efficace quando si lavora con persone non abituate a essere trattate rispettosamente (come osservato da Hettema[17] con gruppi minoritari)?

 

I comportamenti di professionisti conformi o non conformi al CM, quando sono strettamente legati al dominio sociale, possono essere fortemente predittivi dell’emergere delle affermazioni orientate al cambiamento e del conseguente aumento della disponibilità al cambiamento della persona. I professionisti che sono che sono particolarmente inclini ad affermare il proprio dominio sociale possono trovare più difficile imparare e praticare il CM. Nuove affermazioni, anche non verbali, relative alla dominanza sociale potrebbero essere aggiunte ai sistemi di codifica del CM.

Altre ipotesi che emergeranno dalla ricerca neurobiologica potrebbero essere verificate. Se l’eccitazione subcorticale è collegata al conflitto sociale di dominanza, l’attivazione limbica, sia nei professionisti sia nei loro clienti, potrebbe essere associata alle affermazioni orientate al cambiamento, alle affermazioni orientate al mantenimento dello status quo del cliente e con gli esiti del trattamento. Il rapporto tra l’eccitazione corticale e subcorticale potrebbe portare a risultati molto interessanti.

Infine, vale la pena di osservare che gli schemi di dominanza sono molto antichi in termini evolutivi e quindi non è sorprendente che le scoperte di CM rispecchino un’antica saggezza riguardo il rifiuto del rapporto di dominanza piuttosto che alla sua accettazione. Oltre le tre classiche risposte a una sfida di potere – contrattaccare, cedere, o ritirarsi, nessuna delle quali promuove un cambiamento comportamentale duraturo – gli esseri umani hanno sviluppato forme sofisticate di resistenza nonviolenta al dominio. Tali forme sono evidenziate negli insegnamenti del Buddha, Gesù, Gandhi, e Martin Luther King. Queste risposte che non si oppongono, ma che “aggirano” il potere, ad uno sguardo superficiale possono apparire passive e acquiescenti, e questo è un appunto che viene spesso attribuito anche al CM, come dire: “Ti stai solo dichiarando d’accordo con il tuo cliente!” ed è anche un aspetto spesso frainteso del seguente insegnamento di Gesù:

 

Non opporti a chi è malvagio. Ma se qualcuno ti colpisce sulla guancia destra, mostragli l’altra guancia; e se qualcuno ti mettesse sotto accusa e ti prendesse il mantello, dagli anche la tua camicia; e se qualcuno ti obbliga a percorrere un miglio, accettalo e cammina  per due miglia (Matteo 5: 39-41).

 

Walter Wink[18] ha spiegato che all’interno del contesto sociale del tempo, queste risposte sono state interpretate come un’alternativa sia alla violenza che alla passività. Nella prima frase, si noti che un manrovescio sulla guancia destra era un classico rimprovero per qualcuno inferiore nella gerarchia sociale. Il mostrare la guancia sinistra verso l’aggressore impedisce la ripetizione dell’atto. Lo schiaffo non sarebbe potuto essere inferto con la mano sinistra, e pugno diretto sarebbe stato un segnale di riconoscimento della persona di pari livello sociale. Nella seconda frase, un povero potrebbe offrire il suo unico indumento esterno caldo come garanzia per un piccolo prestito. Se il prestito non viene restituito, il creditore potrebbe portare il debitore in tribunale per pretendere la restituzione. Il consiglio è essenzialmente quello di “dargli anche le mutande” lasciando il debitore nudo e quindi facendo vergognare il creditore. Infine, la legge romana ha permesso a un soldato di richiedere a un civile maschio di portare il suo bagaglio per un miglio, ma non di più. Se il portatore continua per un secondo miglio, il soldato infrange la legge. Tutti e tre gli esempi riguardano il repentino ritorno a boomerang sull’oppressore dei suoi stessi atti, senza ricorrere al combattimento o alla fuga.

In straordinarie esperienze di resistenza sociale non violenta, sia del Mahatma  Gandhi che Martin Luther King sono riusciti gradualmente a superare il brutale dominio sociale.

Questa dinamica di prendere intenzionalmente il posto più basso non è prerogativa esclusiva degli umani. Venti anni fa ho avuto la fortuna di conoscere Monty Roberts, un uomo che ha dedicato la sua vita all’addestramento non violento dei cavalli. In contrasto con il modello tradizionale di “ridurre” i cavalli alla sottomissione in 2-3 settimane di training violento, Roberts è in grado di indurre un cavallo ad accettare la sua prima coperta, sella e cavaliere in media in una mezz’ora senza utilizzare la violenza usando il suo metodo di “Join-Up” che ha insegnato, con successo, a molti altri istruttori[19]. Invece di essere legato e sopraffatto, il cavallo adotta il suo spontaneo stile di corsa e poi, attraverso specifiche comunicazioni non verbali, è invitato a tornare e a lavorare con l’allenatore. I punti di contatto con il CM sono molti[20]. Entrambi rifiutano la dominazione per favorire la collaborazione, assumendo volontariamente il ruolo inferiore come una proposta di condivisione del potere. È un percorso efficace nel breve termine almeno quanto l’affermazione del predominio ed è più probabile che a lungo termine ispiri fiducia, buone relazioni e cambiamenti.

 

 

 

[1] Kirschenbaum, H. (2009). The life and work of Carl Rogers. Alexandria, VA: American Counseling Association.

[2] Miller, W. R., & Moyers, T. B. (2017). Motivational interviewing and the clinical science of Carl Rogers. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 85(8), 757-766.

Miller, W. R., & Rose, G. S. (2009). Toward a theory of motivational interviewing. American psychologist, 64(6), 527-537

[3] Miller, W. R., & Rollnick, S. (1991). Motivational interviewing: Preparing people to change addictive behavior. New York: Guilford Press.

Markland, D., Ryan, R. M., Tobin, V., & Rollnick, S. (2005). Motivational interviewing and self-determination theory. Journal of Social and Clinical Psychology, 24, 811-831.

[4] Miller, W. R. (1983). Motivational interviewing with problem drinkers. Behavioural Psychotherapy, 11, 147-172

[5] Miller, W. R., Sovereign, R. G., & Krege, B. (1988). Motivational interviewing with problem drinkers: II. The Drinker’s Check-up as a preventive intervention. Behavioural Psychotherapy, 16, 251-268.

Miller, W. R., Benefield, R. G., & Tonigan, J. S. (1993). Enhancing motivation for change in problem drinking: A controlled comparison of two therapist styles. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 61, 455-461.

[6] Brehm, S. S., & Brehm, J. W. (1981). Psychological reactance: A theory of freedom and control. New York: Academic Press.

Dillard, J. P., & Shen, L. (2005). On the nature of reactance and its role in persuasive health communication. Communication Monographs, 72(2), 144-168.

[7] Rogers, C.R. (1942), Counseling and psychotherapy. Boston: Houghton Mifflin.

[8] Miller, W. R., & Rollnick, S. (2013). Motivational interviewing: Helping people change (3rd ed.). New York: Guilford Press

Traduzione. Italiana a cura di Guelfi, G.P., Quercia, V., Scamperle,A.C. (2014) Il Colloquio motivazionale – Aiutare le persone a Cambiare (3^ edizione) Trento: Centro Studi Erickson https://www.erickson.it/Libri/Pagine/Scheda-Libro.aspx?ItemId=37118

[9] de Almeida Neto, A. C. (2017 in press). Understanding motivational interviewing: An evolutionary perspective. Evolutionary Psychological Science.

[10] Richmond, R., Heather, N., Kehoe, L., & Webster, I. (1995). Controlled evaluation of a general practice-based brief intervention for excessive drinking. Addiction, 90, 119-132.

[11] Hughes, R., The fatal shore: The epic of Australia’s founding1987, New York: Knopf.

[12] Mellentin, A.I., et al., Seeing enemies? A systematic review of anger bias in the perception of facial expressions among anger-prone and aggressive populations. Aggression and Violent Behavior, 2015. 25: p. 373-383.

Bartholow, B.D. and A. Heinz, Alcohol and aggression without consumption. Alcohol cues, aggressive thoughts, and hostile perception bias. Psychological Science, 2006. 17(1): p. 30-7.

[13] Luke 14:10

[14] Rollnick, S., & Miller, W. R. (1995). What is motivational interviewing? Behavioural and Cognitive Psychotherapy, 23, 325-334

[15] Miller, W. R., & Moyers, T. B. (2015). The forest and the trees: Relational and specific factors in addiction treatment. Addiction, 110(3), 401-413

[16] Rogers, C. R. (1959). A theory of therapy, personality, and interpersonal relationships as developed in the client-centered framework. In S. Koch (Ed.), Psychology: The study of a science. Vol. 3. Formulations of the person and the social contexts (pp. 184-256). New York: McGraw-Hill.

[17] Hettema, J., Steele, J., & Miller, W. R. (2005). Motivational interviewing. Annual Review of Clinical Psychology, 1, 91-111.

[18] Wink, W. (2003). Jesus and nonviolence: A third way. Minneapolis: Fortress Press.

[19] Roberts, M. (2008). The man who listens to horses: The story of a real-life horse whisperer. New York: Random House.

[20] Miller, W. R. (2000). Motivational interviewing: IV. Some parallels with horse whispering. Behavioural and Cognitive

Psychotherapy, 28, 285-292. Roberts, M. (2001). Horse sense for people. Toronto: Alfred A. Knopf.

Valerio Quercia
valerioquercia@libero.it

È Assistente Sociale Specialista, formatore e membro della rete mondiale dei formatori al colloquio motivazionale (MINT - Motivational interviewing Network of Trainer). Della sua attività di formatore dice: "Il colloquio motivazionale mi ha permesso di tradurre nella pratica tutte le idee che mi avevano condotto alla decisione di diventare assistente sociale. E’ stato come un colpo di fulmine. La parte più bella del mio lavoro di formatore è quando vedo quello stesso fulmine colpire i miei corsisti."